Modernizzare, rendere efficiente, razionale e competitiva l’azienda agricola di famiglia. Una lettera aperta di Felice Modica a Luigi Caricato: “Sono ancora qui. Sono caduto nella vasca dei pescecani, e non mi hanno mangiato, nonostante in tanti avessero scommesso il contrario”
Caro Luigi Caricato,
tu hai compiuto, con risultati ben più significativi, una parabola inversa alla mia. Proveniente da una famiglia di produttori, ti sei dedicato al giornalismo culturale, diventando – la definizione è di Giuseppe Pontiggia – “il papa dell’olio”. Ovvero, un esperto di fama mondiale che, al più prezioso fra gli alimenti, ha dedicato la vita e, pur nella sua dimensione ormai “ecumenica”, non dimentica le origini, facendo un paradigma della sua (amata/odiata) Puglia. Il che, come scriveva Sergio Maldini (autore a me particolarmente caro), è segno di superamento del provincialismo. Chi è orgoglioso delle proprie origini, infatti, non è provinciale, mentre lo è chi vagheggia sempre un altrove. Per buttarla ancora in letteratura dove, quando ci mancano le parole, si trova sempre una soluzione, Salvatore Satta, ne “Il giorno del giudizio”, dice che “siamo la casa che ereditiamo”. Vale per tutti. E’ valso anche per me, nel bene e nel male. Significa – l’ho scoperto cogli anni – che non si sfugge al proprio destino. Un mio compianto maestro di caccia, digiuno di libri, ma sapiente assai, ripeteva che “il figlio del gatto, prima o poi dovrà acchiappare i topi…”
E allora, caro Luigi, dimmi un po’ tu cosa avrei dovuto fare quando, nel 2001, quasi all’improvviso, moriva mio padre lasciandomi, figlio unico, con un’azienda di 300 ettari, senza debiti ma con poco attivo, con immobilizzazioni importanti (almeno per la mia dimensione: allora come adesso abbastanza modesta), ma scarsa redditività. Inoltre, col peso di tanti operai, tanto lavoro, difficoltà crescenti, di ordine fiscale, burocratico, di commercializzazione, di trasporti. Oltre all’alea normale di tutte le attività agricole. Un’azienda grande che, se si fosse trovata in Toscana, Lombardia, Emilia o Veneto, insomma, nel Nord Italia, avrebbe prodotto fatturati ben diversi. Ma che era in Sicilia: una specie di dinosauro, ancora di stampo ottocentesco. Da vendere al miglior offerente, o da (tentare di) traghettare verso la modernità. Come tu sai, caro Luigi, ho scelto la seconda strada, la più difficile, quella dagli esiti più incerti.
Sono ancora qui. Sono caduto nella vasca dei pescecani, e non mi hanno mangiato, nonostante in tanti avessero scommesso il contrario. Forse sono troppo coriaceo e indigesto.
O magari il Padreterno – in cui maldestramente credo – ha voluto aiutarmi.
Chissà. Il fatto è che, dopo una vita di gavette dure e faticose: collaborazioni sparse, sei anni da capoufficio stampa, tre o quattro da inviato di riviste specializzate. Ovvero, quando stavo cominciando a divertirmi sul serio, sono “diventato ricco”. Ovvero proprietario dell’azienda di mio padre. Che, peraltro, non ho visto l’ora di passare a mio figlio (e prossimamente a mia figlia), che vi ha infuso passione, energia, idee nuove, sviluppandosi nella ristorazione, oltre ad una mentalità imprenditoriale moderna di cui io mai sarò portatore sino in fondo.
Un “ricco” che non può più spostarsi con tutta la famiglia al completo, perché qualcuno deve sempre restare…. Che ha passato momenti, in cui neppure poteva fare il pieno di carburante all’auto, perché prima c’erano (ci sono) le buste paga degli operai e i fornitori da onorare…
Tu sei partito dalla Puglia verso il mondo, mantenendo la Puglia nel cuore, facendo, a questa tua patria mai dimenticata, sempre del bene. Anche quando non ti ha ricambiato.
Io mi sono arroccato nella mia amata/odiata isola cercando di compiere il mio dovere. Che è la missione della mia vita: modernizzare, rendere efficiente, razionale e competitiva l’azienda di famiglia. Senza rinunziare alla nostra storia, al peso della tradizione, in fondo l’unica ricchezza di cui siamo portatori. E cercando di non smarrire il senso morale, cosa piuttosto facile in questi tempi da basso impero…
Così, mi occupo di vino, ma anche di olio, agrumi, frutta, carrube, mandorle. Cercando di farlo bene, ovvero con amore e seriamente. Il che viene apprezzato, soprattutto all’Estero. Molto di più all’Estero che in questa povera Italia dove, se continua così, resteremo tutti con le pezze sul sedere.
Mi chiedi perché l’ho fatto e continuo? Te l’ho già detto. Non si sfugge al proprio destino. Io mi sono dato alla macchia fino ai quarant’anni, in verità spassandomela abbastanza. Gli ultimi dieci anni della mia vita hanno avuto il peso specifico di venti. Ho imparato tante cose, soprattutto sulla natura degli uomini e so adattarmi molto bene ai miei interlocutori di turno. In fondo, sai, continuo a divertirmi. Credo che questo sia il vero motivo per cui lo faccio.
E tu, caro “papa dell’olio”, – che sei stato così buono e generoso con me quando neppure mi conoscevi – perché lo fai? Perché fondi riviste on line di agricoltura, una più bella, più libera e innovativa dell’altra, e non ti fermi un solo attimo?
Dì la verità: ti diverti. Nonostante tutto. Nonostante tutti…
Continua, continuiamo così. Finché ne saremo capaci!
Un forte abbraccio
Tuo
Felice Modica
OO M - 15-10-2013 - Tutti i diritti riservati
LA SICILIA
Domenica 18 Agosto 2013, Siracusa, pagina 31
Tra mitologia greca e contemporaneità
Un momento dell'Agosto Letterario in via Nicolaci a Noto con Massimo Maugeri e Felice Modica nei panni dell'intervistatore
(Foto Castobello)
di Vincenzo Greco
Il secondo incontro dell'Agosto Letterario a Noto, svoltosi nella splendida via Nicolaci sotto l'egida della famiglia Modica di San Giovanni e della civica amministrazione, ha posto in vetrina il recente romanzo dello scrittore catanese Massimo Maugeri «Trinacria Park».
Garbato, come d'innato stile signorile, l'intervistatore Felice Modica che coniuga l'attività imprenditoriale con il gusto per la lettura. Incisive le domande alle quali non si è sottratto l'ideatore del blog «Letteratitudine. it» nonchè conduttore della rubrica di narrativa su Radio Hinterland, subito etichettato come «apologo della doppiezza dei nostri tempi». Numerosi i temi sviscerati in una gradevole altalena tra mitologia greca e contemporaneità. Infatti, riferendosi alle figure femminili tratteggiate nel romanzo e rievocando il mito delle Gorgoni, Modica ha posto l'accento sull'attuale condizione femminile non disdegnando un riferimento alla redenzione di Faust grazie all'amore di Margherita magistralmente descritto da Goethe.
Sibillino l'interrogativo al romanziere: «Posto che le donne incarnanti le Gorgoni sono insieme sensuali e sentimentali, non è che, gestendo il potere, diventino come gli uomini? In verità, gli uomini che emergono dal romanzo, non possono definirsi esempi di virtù».
Nell'antitesi tra l'apparenza e la realtà, a mò del bifronte Giano, sono stati menzionati Pirandello, Sciascia e Vittorini. Non sono mancati riferimenti a Camus e Manzoni nel racconto dell'epidemia di colera che spazzerà potenti e umili ma il confronto dialettico è stato tutto centrato sulla doppiezza schizofrenica dei personaggi. Non a caso, nella prefazione emblematicamente sottotitolata «Sicilia viva, sotto strati di bugie», così scrive Valerio Evangelisti: «Nulla è ciò che sembra, le recite si sovrappongono, si finge per i più svariati motivi. Fingere è l'imperativo generale».
Alla definizione di «libro non pedagogico», così ha risposto Maugeri: «Sì, emergono tematiche spietate che invitano a un'attenta riflessione sulla realtà d'oggi. È un romanzo contro la menzogna con finale forte. Non c'è la possibilità della salvezza collettiva ma vi si trova l'auspicio per quella personale. Purtroppo la realtà è diversa dal sogno».
Terzo e ultimo appuntamento venerdì 23 con la scottante opera del giornalista Stenio Solinas. «Gli ultimi Mohicani. Quel che resta della politica».
Presentato a Noto il libro di Stenio Solinas
Luciana Baldrighi - Sab, 24/08/2013 - 18:40
"Signori e signori buonasera e benvenuti all’ultimo incontro letterario di via Nicolaci di questo Agosto netino 2013. Ospite d’eccezione il giornalista e scrittore Stenio Solinas, autore del saggio “ Gli ultimi Mohicani. Quel che resta della politica” (Bietti ) Dulcis in fundo o, visto l’argomento di dolorosa attualità, in cauda venenum… Solinas non ha bisogno di particolari presentazioni.
Lo conoscete tutti come editorialista de Il Giornale e come uno fra i pochi grandi inviati rimasti alla stampa italiana. In gioventù, con Maurizio Cabona, Marco Tarchi e altri, è stato esponente di punta della cosiddetta “nuova destra”, che si rifaceva all’idee dell’amico intellettuale francese Alain De Benoist. Semplificando per ragioni di tempo, il suo tentativo di costruire una destra moderna in una Nazione italiana già gli è valso l’accusa di fascista in anni molto difficili per la nostra democrazia…” Ha così introdotto Felice Modica, scrittore e imprenditore, nome ben conosciuto nell’aristocrazia siciliana. Per dirne solo una, mentre Stenio si laureava a Roma con una tesi sul “pericoloso reazionario, “teorizzatore della società degli Apoti” rispondente al nome di Giuseppe Prezzolini, presidiavano la seduta di laurea le pantere della polizia e i muri dell’Università La Sapienza erano “abbelliti” da eleganti scritte istiganti la gente di buona volontà “ad appendere Solinas a testa in giù”. Pratica evidentemente molto nobile e ben collaudata. Davanti a una folta schiera di spettatori attenti che sedevano su eleganti sedie in ferro e che occupavano via Nicolaci, la via più bella di Noto, dove si trova anche Palazzo Modica e l’omonimo ristorante “Cantina con Uso di Cucina” gestito dal figlio Alessandro che, da piano terra fino al piano nobile, ha allestito un museo della sua aristocratica famiglia. Ben otto generazioni si susseguono producendo vini e cultura.
A fare da fondale alla presentazione del libro di Solinas la bella chiesa barocca di Montevergine. L’autore e Felice modica se ne stavano seduti a un tavolo ricco di candelabri settecenteschi dai quali spuntavano una serie di candele che illuminavano volti, luci e atmosfere che ben si sposavano con la città barocca in festa per il suo patrono, San Corrado. Così, tra una chiacchierata e l’altra, qualche domanda che andava a scovare nel passato del vissuto politico della nostra Italia, la serata è trascorsa tranquilla senza tensione ma nel segno di una attenta coscienza civile.
“Gli ultimi Mohicani” racconta la fine della politica, vale a dire la scomparsa di tutto ciò che stava dietro alla politica, dalle ideologie ai partiti agli intellettuali e alle masse, e la sua sostituzione con una realtà sempre più di apparato, nella quale la vocazione ha ceduto alla retribuzione. Gli ultimi Mohicani sono tutti quelli che non si rassegnano a vedere scomparire quella cosa nobile della vita umana che si chiama politica.
“Solinas – ha ricordato Modica – è figlio di un generale della Folgore, decorato con medaglia d’argento per avere difeso Roma dai nazisti. Aggiungendo: conoscendolo un poco, posso dire che forte e radicato è in lui quello spirito anarcoide che me lo fa riconoscere fratello maggiore..”. Solinas di conti con il passato ne ha fatti parecchi e senza concedersi sconti, attraverso libri, convegni, dirigendo le pagine culturali de Il Giornale, facendo l’inviato e persino quando scrive di cultura. Va ricordata la splendida antologia “C’eravamo tanto a(r)mati” (Settecolori) con Maurizio Cabona; gli anni di Piombo visti attraverso i ricordi personalizzati di alcuni personaggi come Paolo Isotta, Armando Torno, Gianni Rivera, Francesco Guccini, Alberto Camerini, Massimo Cacciari, Massimo Fini, Stella Pende, Oliviero Bea, e anche il pamphlet “Per farla finita con la Destra” (Ponte alle Grazie) che ha consacrato il suo splendido isolamento politico. Isolamento inteso come aristocratico distacco, trasfuso in alcuni contemporanei editoriali scritti per Il Giornale. Per gli avversari di un tempo, “Stenio è rimasto, senza mai esserlo stato, il fascista di sempre”, mentre, con la sua ufficiale presa di distanza da una destra che non era mai nata, si è guadagnata l’ostilità di molti che un tempo stavano “dalla sua parte”. E dire che – ha proseguito ironicamente Modica - se avesse seguito i consigli di sua madre avrebbe fatto una folgorante carriera. Lui che si era, ancora poco più che in fasce, aggiudicato il premio di “Bimbo più bello di Roma”. Crescendo….è cambiato. I colleghi, più o meno malevolmente, ravvisano adesso in lui una forte somiglianza con Massimo D’Alema, oltre che fisica, persino nel tono della voce e nell’intercalare di frasi e pensieri. Solinas risponde alternativamente, con l’accademico della Crusca leghista on Erminio Boso: “non confermo e non smento”, o col Benigni di Johnny Stecchino: “non mi somiglia per niente”.
Condividendo con “Spezzaferro” una grande passione per il mare, dalla penna di Stenio è uscito il libro “Percorsi d’acqua” (Ponte alle Grazie); non contento ha imparato l’arte della vela scrivendo “Da Parigi a Gerusalemme sulle orme di Chateubriand” (Vallecchi) ripercorrendo con gli stessi mezzi il viaggio. Questo sardo-calabro ha funzionato anche con “Compagni di solitudine” (Ponte alle Grazie) e “VagaMondo” (Settecolori). Il primo rimane nel cuore di tutti, è un viaggio introspettivo che Solinas fa con la sua sensibilità unica attraverso la sua coscienza e le sue letture più care”.
Gli amici di un tempo lo amano ancora, i suoi nemici non riescono a scordarlo. Cosa resta della politica? Come salvarsi l’anima? La risposta di Solinas è pessimista, legata a istanze meramente individualiste, ma siamo certi che dentro di lui qualcosa “fermenta” ancora (visto che l’autore ha davanti il bianco insolia “Lupara” di Casa Modica. A quando, chiede Stenio, il primo spumante? Su questo Modica è abbottonatissimo. Ma siamo certi che qualche miracolo le uve di Bufalefi lo possano ancora fare…
E' appena uscito negli Stati Uniti il volume "The World of Sicilian Wine", di Bill Nesto e Frances di Savino, entrambi docenti a Boston. Si tratta del frutto di un lungo viaggioo di ricerca compiuto nell'isola dai due autori la scorsa primavera, che li ha condotti anche a Noto, nella nostra "Cantina con uso di cucina", dove hanno degustato gli oli e i vini di Casa Modica. Nel libro è contenuto un lusinghiero riferimento alla nostra Azienda e alla sua storia, oltre ad una particolare citazione del Dolcenero, il vino che ha profondamente colpito gli illustri ospiti americani.
DAL 9 ALL'11 MARZO 2013, PRESSO LA RINASCENTE DI FIRENZE, I NOSTRI VINI DA DESSERT DOLCENERO E DOLCENOTO SARANNO PRESENTATI IN ABBINAMENTO COI CANTUCCI - RISPETTIVAMENTE CON PISTACCHI E NOCI E CON CIOCCOLATO E LAMPONE - DELL'AZIENDA SFIZIO SRL, DI MONTELUPO FIORENTINO. "FUORI DI TASTE E' UN'IMPORTANTE MANIFESTAZIONE GASTRONOMICA FIORENTINA CHE SI SVOLGE ALL'INTERNO DELLA FAMOSA RASSEGNA PITTI IMMAGINE. CON SFIZIO SRL SI STA AVVIANDO UNA COLLABORAZIONE PER ESPORTARE I NOSTRI PRODOTTI - A PARTIRE DALL'OLIO EXTRA VERGINE - IN GIAPPONE.
Andrea Grignaffini
Il nome del vino è “Dolcenoto”, e si aggiunge agli altri grandi vini di Felice Modica. Si tratta della Doc Moscato di Noto, da uve moscato bianco 100%, coltivate a Noto, nella tenuta Bufalefi (altitudine: 70 m. slm; resa di produzione: 50 q.li/Ha; sesto: 0,80 X 2,20; tecnica di vinificazione: in bianco; fermentazione: termoregolata; affinamento in bottiglia per 2-4 mesi; gradazione alcolica: 10 % vol.; bottiglia da 500 ml con tappo in sughero).
A degustarlo – a una temperatura di servizio tra i 6 e gli 8°C, come giustamente raccomanda lo stesso vignaiolo (e anche olivicoltore, per la verità) – si resta affascinati. Già, perché è un moscato che merita; e a dimostrazione di quanto scrivo, vi riferisco solo il successo che hanno avuto le bottiglie (non vi dico quante) di “Dolcenoto” rimaste vuote dopo una cena tra amici intenditori.
Felice Modica riporta nella scheda di prodotto anche le indicazione per abbinarlo al meglio. Il “Dolcenoto” – si legge – “apprezza la compagnia dei dolci al cucchiaio, dalle torte di frutta, alle paste secche, gradito è anche il suo impiego quale aperitivo in compagnia di piccoli stuzzichini salati”. Ebbene sì, confermo punto per punto le indicazioni riportate.
L’ASSAGGIO
Il colore del vino cattura sin da subito, al primo impatto. Già a vederlo in bottiglia. E’ di un giallo netto, brillante, che tende lievemente al verde.
I profumi sono freschi e intensi, floreali, con richiami all’acacia e all’arancio, ma si scorgono anche note di pesca gialla, di salvia e si percepisce altrettanto nettamente, nondimeno, l’uva moscato da cui è ricavato, come se si avvertisse il sentore di uva appena raccolta.
Al gusto, infine, si percepisce l’elegante persistenza delle note fruttate, con una sensazione dolce in perfetto equilibrio anche per via della piacevole nota acida.
28 Marzo 2014 - Apertura dell’Orto di Santa Chiara – una pizzeria al centro storico di Noto. Un progetto complesso di Alessandro Modica durato più di due anni che ha riqualificato il Vecchio Orto del Monastero di Santa Chiara. Troverete i cibi tradizionali in un atmosfera esclusiva del centro storico barocco http://www.vinidinoto.it/index.php
March 28, 2014 – Opening of the Orto di Santa Chiara – a pizza restaurant in the historical center of Noto. A complex project of Alessandro Modica lasted more than two years that has requalified the Old Garden of the Monastery of St. Clare. You will find traditional food in a unique atmosphere of the old Baroque town http://www.vinidinoto.it/index.php
28 марта 2014 – Открытие Orto di Santa Chiara – пицца ресторан в историческом центре Ното. Комплексный проект Алессандро Модика длился более двух лет и вдохнул новую жизнь в Старый Сад Монастыря Св. Клэр. Здесь Вы найдете традиционные блюда в уникальной атмосфере барочного городского центра http://www.vinidinoto.it/index.php